Yu Yu, più forte dell’anoressia

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giuggyna
00mercoledì 8 ottobre 2008 16:23
La cantante si racconta in un libro
Per Yu Yu far cantare mezz’Europa è un gioco da ragazzi."Mon petit garçon, pour toute la vie garçon" e l’estate 2001 corre via veloce. Per Giuditta Guizzetti inghiottire un boccone no. Soprattutto se a trent’anni arrivi a pesare 36 chili e senti il tuo esofago diventare un tunnel strettissimo e senza uscita. Eppure Yu Yu e Giuditta sono le diverse facce della stessa donna, una donna alla quale l’anoressia ha rubato una gravidanza ma non la voglia di sopravvivere. Quella vita ripresa con le unghie è diventata un libro, "Il cucchiaio è una culla – Diario di Yu Yu nella lotta contro l’anoressia" (da oggi in libreria, Edizioni Aliberti) che la testata Bergamonews.it anticipa.

"Mon petit garçon, pour toute la vie garçon" e la storia di Yu Yu la conoscono tutti. Classe 1976, madre francese, padre diplomatico italiano con Yu Yu che trascorre l’infanzia tra residenze e consolati giapponesi, statunitensi e del Centro-America. Nel Duemila l’arrivo a Bergamo e il lavoro come assistente di volo per la Gandalf. Un provino per gioco per un amico che lavora in discoteca le cambia, per la prima volta, la vita: un discografico la sente e le propone un brano in francese. "Mon petit garçon, pour toute la vie garçon", appunto. Yu Yu sfonda subito: la canzone è orecchiabile, passa nelle radio e viene anche utilizzata dalla Fiat in uno spot televisivo. “Mon petit garçon, pour toute la vie garçon”: ecco che sapore ha il successo, Yu Yu ci prende gusto e rilancia con "Bonjour bonjour". Altra hit che fa di lei una delle voci pop più promettenti.

"Lo scopo delle giornate è il non mangiare senza farlo trasparire"
Purtroppo la promessa è destinata a rimanere tale. Poco importa se incompiuta o inespressa perché il successo ha anche un retrogusto amaro. Il meraviglioso mondo della musica presto passa oltre: la prima etichetta discografica non punta più su Yu Yu. Lei non si perde d’animo e propone il suo lavoro a un’altra casa. Tante aspettative, nessun risultato. Dove sei "mon petit garçon, pour toute la vie garçon"? Dove sei quando Giuditta sta male, molto male e deve ringraziare anche un tempestivo vigile del fuoco che pone fine a una notte di alcol e calmanti? Giuditta si piega ma non si spezza e si mette a fare la barista a Bergamo. Ma la sua vita è sempre più vuota. Vuota dentro e fuori. “Trovo conforto nel sentirmi vuota – c'è scritto in “Il cucchiaio è una culla” - Lo scopo delle mie giornate diventa il non mangiare senza farlo trasparire”. Così la bilancia diventa la battaglia quotidiana, il cibo una guerra 24 su 24 e lo scheletro il suo miglior alleato Giuditta arriva a pesare 36 chilogrammi e quando il suo destino appare segnato ammette di essere malata e chiede di uscirne. "Sono una farfalla al contrario – dice - e non credo che la natura consenta questa retrocessione”. Solo chi ha toccato con mano cosa vuol dire essere anoressici o viverci vicino può capire quanto siano importante riconoscersi "malati" e pronti a "guarire".



Per Giuditta si aprono le porte di Palazzo Francisci a Todi e la sua vita cambia, per la seconda volta. L’anno di cure è messo nero su bianco da Giuditta Guizzetti, nel suo diario di viaggio fuori dall'anoressia: giorno dopo giorno vengono annotate paure e ricordi, ansie e trucchi per nascondere la fuga del cibo, la crisi per gravidanza e aborto inaspettati e la decisiva vicinanza di amici e amore. Adesso Giuditta scrive, dipinge e suona la chitarra. "Mon petit garçon, pour toute la vie garçon" suona ancora ma ha un sapore tutto nuovo.

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