"Chi c..sei" al capo, non licenziato

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Frida07
00venerdì 20 marzo 2009 08:18

Cassazione: dipendente va riammesso

Non può essere licenziato il dipendente che, rivolgendosi al capo dopo un rimprovero, gli dice: "Chi c... ti credi di essere". Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una sentenza emessa a Napoli che rivede il licenziamento di un addetto di una clinica privata. L'uomo aveva reagito ad un rimprovero, davanti ad altri colleghi, dicendo "chi c... ti credi di essere, se sei un uomo esci fuori, non ti faccio campare più tranquillo".

L'uomo aveva perso il lavoro a seguito di diversi episodi: un giorno, in particolare, aveva reagito ad un eccessivo rimprovero dell'amministratore della società datrice di lavoro, dicendo "chi c... ti credi di essere". Il litigio è avvenuto davanti ad altri colleghi.

La Suprema Corte ha confermato l'illegittimità del licenziamento dichiarata dal giudice del lavoro e poi dalla Corte d'appello di Napoli: "le espressioni irriguardose", si legge nella sentenza della sezione lavoro, rivolte dall'ausiliario al capo, "andavano valutate nel complessivo contesto in cui erano state pronunciate, caratterizzato da un alterco intervenuto tra i due" e correttamente i giudici del merito le hanno ritenute "effetto di una reazione emotiva e istintiva del lavoratore ai rimproveri ricevuti, con ciò escludendone l'ascrivibilità ad un'ipotesi di vera e propria insubordinazione e, comunque, la particolare gravità contrattulamente richiesta per potersi fare applicazione della sanzione espulsiva".

Il caso verrà comunque riesaminato dalla Corte napoletana alla luce dell'accoglimento di due motivi di ricorso, inerenti altre questioni, sollevati in Cassazione dalla società datrice di lavoro.





tgcom
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